Tenco ucciso dallo Stato

Chiedere giustizia dopo 40 anni? Oggi alla commemorazione ufficiale di piazza Fontana c'era più gente sul palco che sotto.
In ricordo dell'eccidio di 17 persone, con Pinelli, compio una ricognizione su un fatto precedente la strage alla Banca dell'Agricoltura: la morte del cantautore Luigi Tenco. La rete e i media traboccano di testimonianze che mostrano una sorta di condanna a morte, come fu per Pasolini: ferite sul viso provano che il cantante fu picchiato, mentre Dalla e Sandro Ciotti, vicini di camera, non udirono uno sparo ma un urlo e se il telecronista dalla voce roca ha sempre negato il suicidio, Dalla non ha mai voluto dire cosa percepì davvero quella notte. 
Tenco fu ammazzato con un colpo alla testa, alla tempia sinistra, eppure non era mancino. Lo sparo avvenne in spiaggia, plausibilmente con un silenziatore ma di sicuro non con la pistola di Tenco. Il cadavere fu vilipeso dalla stessa polizia, che lo riportò dall'obitorio alla camera 219 dell'Hotel Savoy: gli inquirenti si erano dimenticati di fare i rilievi di rito - e di eliminare l'indizio delle scarpe, sporche di sabbia, sabbia che invece è visibile dalle foto su viso, vestiti ed auto di Luigi. Perciò il corpo viene riposizionato coi piedi sotto un comò, per nascondere l'assenza delle calzature. Un po' come la bugia delle mutandine abbassate di Simonetta Cesaroni, per suggerire la pista passionale.
Il "biglietto di addio" poteva essere l'ultimo di più fogli, visibili nelle mani del commisario Molinari (tessera P2 n.767) nelle foto pubblicate da "La Verde Isola". Era forse una denuncia delle scommesse truccate sul Festival con nomi e cognomi ("Io so i nomi dei nemici..."), come rivelò Valeria, la persona che sentì per ultima il cantautore vivo e che pare fosse il suo vero amore, tanto che Tenco la nascondeva a tutti per proteggerla. Al telefono Luigi e Valeria parlano di sogni: un casolare vicino Roma da sistemare, un viaggio in Kenya; quanto è plausibile già da questo il suicidio? La manomissione del biglietto poi è contemplata anche da Orietta Berti e avallata dall'uso di un italiano scorretto, atipico del cantautore. Il biglietto, ritrovato da Dalida, passa in diverse mani prima di essere letto ai giornalisti.
Dalida, che torna al Savoy dopo una chiamata da un altro albergo che avverte che "Tenco sta male", scappa da Sanremo quasi subito. Luigi stesso definiva in alcune lettere lei "nevrotica e viziata" e la loro storia una trovata pubblicitaria. Infatti Dalida, saputo di Valeria, le aveva citofonato un giorno a casa a Roma urlandole che Luigi aveva bisogno di una donna e non di una ragazzina e consigliandole di togliersi dai piedi. E chissà che ci faceva a Sanremo l'ex marito della francese, quel Morisse appartenente al clan dei marsigliesi. Guarda caso, i due sono morti suicidati a loro volta.
Tenco aveva una pistola perché aveva ricevuto minacce di morte, una notte la sua auto era stata persino speronata. Nel 1965, pur essendo soldato addirittura convalescente, Luigi andò in Argentina perché un suo pezzo era la sigla di una famosa telenovela. La dispensa militare (con ministro della Difesa Andreotti) venne dal governo, bicolore Dc e Psi, partito nel quale Tenco stava per avere un ruolo importante tempo prima. Probabilmente non andò solo a cantare, ma altro non è dato sapere.
Molti cantanti continuarono controvoglia il Festival del '67, vinto da Villa (tessera P2 n. 262). Così in Italia trionfa la menzogna e le verità vengono tenute nascoste, in un'infantilizzazione dei cittadini che fa prosperare comunicatori pseudoadulti. Anche gli assassini di Tenco rimarranno segreti. E anche questo ci nuoce, come avrebbe detto Pa'...

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